6 gen 2009

“NO DRAMA” NEL 2009


Il motto della «Generation Obama»
Sarà che l’uomo più famoso del 2008 che sta per finire, è un meticcio di cui non si paventava certo un’ascesa così veloce, felice e brillante, un certo Barak Obama di cui gli astri gli stanno preconizzando un’ascesa pari al tempo di Giustiniano, Carlo Magno o Martin Lutero e ad altri potenti della storia, però il fatto è che le magliette con la scritta "No Drama” il logo che i suoi preziosi e giovani collaboratori hanno scovato in Internet sul Sito della famosa Mary Jane Blige (New York, 11 gennaio 1971), una cantante di musica soul e R&B, se ne stanno vendendo a migliaia in America, l’espressione “No Drama” è talmente diffusa da identificare non solo il presidente eletto, ma i suoi elettori e i suoi ministri. Se le magliette «No Drama Obama» sono le più vendute sul sito barackobama.com, per il magazine «New York» «No Drama» (Niente tragedie) è il «motto con cui Obama ha vinto la campagna elettorale», e la popolare trasmissione di satira tv «Saturday Night Life» ha intitolato proprio in questa maniera uno show dedicato alla nascente compagine governativa.
Se «No Drama» è divenuto anche il motto della «Generation Obama» il merito è dello stesso neo-eletto presidente che tenne i nervi a posto in due momenti roventi della sua campagna: a metà gennaio quando perse in New Hampshire subito dopo il trionfo iniziale in Iowa e tre mesi dopo, allorché gestì le dichiarazioni razziste anti-bianchi del reverendo nero Jeremiah Wright riuscendo a trasformare la questione razziale da svantaggio in vantaggio elettorale. In quanto ai suoi ideali, oltre che a Gioacchino da Fiore per l’etica, si ispira ad Abramo Lincoln, per la politica, il presidente che seppe guidare un governo composto di ministri fra loro rivali grazie all’abilità nel rimanere calmo in momenti di crisi del sistema aggravati dalla Guerra Civile, come ricostruisce Doris Kearns Goodwin nel libro «Team of Rivals» che Barack ha confessato di tenere sul comodino. Il richiamo al «No Drama« di Lincoln, si spiega con le sfide terribili che Obama ha di fronte: la recessione e due guerre aperte e la spinosissima questione israeliana- palestinese, per via di quel terribile Hamas che proprio non vuol sentire di accordi di pace . Per affrontarle e superarle con successo serviranno nervi molto saldi. Però non bisogna dimenticare che il Dream Team 2009 (l’insieme dei ministri ed esperti che compongono il suo gruppo di governo) ha saputo cogliere questo semplice ed efficacissimo detto dal No More Drama, che potrebbe diventare il motto per il mondo intero che è stanco di guerre, tragedie, razzismo, non solo nel 2009, ma nel futuro.
Ecco alcuni versi del soul di Mary Jane Brige:
“No drama (no more drama in my life)
No more, no more, No more, no more
No more tears (no more tears, no more crying every night)
No more fears (no more waking up in the morning)
No drama, no more in my life
No more drama, no more drama
No more drama, no more drama
No more drama in my life
So tired, tired of this drama”(Cfr: dal singolo R&B di Mary J. Blige).
Infine, per il politologo Bill Schneider, volto di rilievo della tv Cnn, dietro «No Drama Obama» c’è l’identità di un leader riassunta da «tre C» ovvero «casual, cool, connected» (casual, calmo, connesso elettronicamente) che rispondono ad altrettante caratteristiche che ha chi lo ha votato. Egli si sta preparando «con una calma alla Obi-Wan Kenobi» (il Maestro Jedi di Guerre Stellari) ad affrontare una terrificante lista di problemi planetari(così «Time» ritrae Barack Obama raccontando la «Persona dell’anno 2008»). E noi “speriamo che se la cavi”. Come speriamo che se la cavi l’altrettanto famoso “tiratore di scarpe”, divenuto anche lui un simbolo del cambiamento dei prossimi anni, in cui non si useranno armi, ma oggetti per colpire i tiranni.
Dopo il suo exploit, il giornalista iracheno Muntazer al-Zaidi, che ha tentato di centrare il presidente americano George W. Bush lanciandogli contro le scarpe, i potenti temono eventuali "imitazioni" del gesto: chiunque parteciperà a una conferenza stampa sarebbe così tenuto rigorosamente d’occhio, onde impedirgli di levarsi le calzature e farne un uso che è stato definito "improprio". Ma non è meglio tirare una scarpa che sparare? Molti dicono che è il minimo che un iracheno potesse fare a uno come Bush, il tiranno criminale che ha ucciso due milioni di persone in Iraq e in Afghanistan (Cfr. quotidiani degli ultimi mesi). Infatti, Muntazer, sebbene sia stato punito severamente dalle autorità irachene per la “cattiva figura” che hanno fatto di fronte al mondo, è diventato un eroe per le tante e le troppe popolazioni affamate e martoriate dalle guerre. Per lui, per difenderlo si sono offerti gratis più di 200 famosi avvocati e pure in Italia ha trovato subito “copioni”(un esponente del partito Italia dei valori, ha deposto un vecchio mocassino infiocchettato davanti a Palazzo Chigi: per le parole e non i fatti del governo Berlusconi). Ma la cosa più simpatica e anche divertente che potrebbe diventare una regola nei prossimi anni , è lo “scambio” avvenuto tra i soldati americani e capi tribù musulmane di stanza in medio oriente: il Viagra in cambio di preziose informazioni per snidare i guerrafondai! Figuriamoci, con tutte le mogli che hanno, avranno toccato il cielo con un dito, altro che chiamare Allah o i fondamentalisti armati per soddisfarle!
Così, semplicemente, possiamo dire che Il “dream team” di Obama, Le scarpe di Muntazer al-Zaidi, il Viagra dei soldati americani, non sono che piccolissimi segni di un’umanità che vuole, fortissimamente vuole un cambiamento nella modernità che ha costruito delle costrizioni visibili, individuabili, con alienazioni astratte e coercizioni strutturali, pretendendo di rendere l’uomo meno dipendente, ma lo ha isolato, reso più vulnerabile, più estraneo che mai ai suoi simili. Convinta delle virtù pacificatrici dell’uguaglianza e del commercio, ha gettato l’uomo in una corsa mimetica infinita. Alle disuguaglianze legate alla nascita, ha rimpiazzato l’oligarchia del denaro. Ha provocato la distruzione dell’ambiente, l’omogeneizzazione attraverso l’economia e la tecnoscienza, la folclorizzazione dei popoli, la generalizzazione della solitudine e dell’anonimato. Nel mondo postmoderno, il cambiamento avviene per implosione. La vita comincia a cambiare quando un sufficiente numero di cittadini si distoglie dal gioco istituzionale perché ritiene che la vera vita sia altrove. Oggi non abbiamo bisogno di rivoluzionari – figure emblematiche della modernità – ma di “creativi intelligenti”.
Come, appunto, lo sono le persone che ho citato e che dimostrano, ancora una volta, che l’umanità vuole camminare verso un domani migliore per tutti.

Maria De Falco Marotta
Fonte:lideale.info

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